Tra rincari dell’energia, costi per i trasporti lievitati e penuria di materie prime, la meccanica italiana è sempre più “stretta in una morsa”. A lanciare l’allarme è l’associazione di categoria
Ad aggravare una situazione già compromessa da problemi atavici e dal covid è arrivata anche la crisi bellica tra Russia e Ucraina che sta generando ripercussioni pesanti nel settore della meccanica italiana. Il comparto, che conta un fatturato pari a 52,1 miliardi di euro, rischia il blocco o, nel peggiore dei casi, la chiusura. A lanciare l’allarme e fare il punto sulla situazione, chiedendo interventi efficaci è Anima Confindustria – associazione di categoria che rappresenta le aziende di meccanica varia e affine – che parla della meccanica, “una industria di trasformazione, dalla materia prima al prodotto finale” come “stretta in una morsa”.

“Le aziende, oltre a riscontrare ritardi nelle consegne dei componenti elettronici con tempi di attesa superiori a nove-dodici mesi, oggi a causa del conflitto in atto hanno enorme difficoltà a reperire prodotti siderurgici” evidenzia Pietro Almici, vicepresidente di Anima Confindustria, puntando il dito su incremento dei prezzi e carenza di materiali, soprattutto metallo. “Bramme e lamiere, fondamentali per le attività̀ delle aziende della meccanica, hanno subito aumenti superiori al 80% nel giro di poche settimane. Tutte ciò̀ rende estremamente complicato il prosieguo della produzione: a questi prezzi in costante aumento, e soprattutto con carenza di materiali, le aziende non riescono a lavorare. Considerando le sanzioni alla Russia, l’impossibilità di produzione dell’Ucraina, il blocco dei porti di questi paesi, vengono a mancare ca. 3,2 milioni di t/anno di prodotti piani e semilavorati sul mercato italiano e ca 11,5 milioni di t/anno sul mercato europeo – come si evince dalle analisi di Achille Fornasini, professore all’Università degli studi di Brescia e coordinatore dell’osservatorio congiunturale di Anima Confindustria”.

Una ulteriore complicazione arriva dai trasporti, col costo dei noli marittimi cresciuto a dismisura: Anima stima l’aumento arrivi a toccare anche + 800 per cento in un anno a seconda delle tratte, rendendo difficili non solo le esportazioni, ma anche l’approvvigionamento di materie prime da mercati esteri. “Il problema principale – sottolinea Marco Nocivelli, presidente di Anima Confindustria – è la mancanza di una previsione di quello che accadrà nei prossimi mesi, che di fatto rende impossibile produrre offerte ai clienti finali. La situazione diventa insostenibile per molti dei nostri settori che spesso lavorano su commesse di lungo periodo e, trovandosi a dovere rispettare i contratti in essere, se riescono a trovare i materiali devono poi assorbire tutti i costi legati agli aumenti di prezzo delle materie prime. Se non si trovano soluzioni immediate, i nostri settori saranno nell’impossibilità di garantire i contratti o di stipulare nuovi ordini, con il rischio di perdere quote di mercato rispetto ai concorrenti stranieri o di fermare la produzione. Occorre intervenire in maniera strutturale per contenere i costi dell’energia, aumentare la produzione italiana di materie prime e soprattutto consentire l’approvvigionamento da paesi extraeuropei riducendo i costi dei noli marittimi ed eliminando i dazi e le quote sulle importazioni almeno fino alla fine dell’anno”, conclude Nocivelli.