La corsa contro il cambiamento climatico porta a ragionare su nuove fonti energetiche alternative meno inquinanti e più rispettose dell’ambiente, ma che allo stesso tempo preservino i vantaggi dei combustibili attualmente più diffusi.
L’attenzione e le ricerche iniziano quindi a spostarsi su risorse rinnovabili e green, come i biocarburanti, ancora in fase di studio ma con buone prospettive di crescita e che, come tutte le possibili soluzioni, presentano vantaggi, ma anche limiti.
Con la diffusione delle analisi sull’argomento, cresce anche l’interesse del mondo della logistica verso questo nuovo tipo di alimentazione: diversi i produttori che hanno progettato e immesso sul mercato mezzi in grado di utilizzare i biocombustibili.
Dalla biomassa alla bioenergia
La normativa italiana – direttiva 2001/77/CE – definisce la biomassa come “la frazione biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui di origine biologica provenienti dall’agricoltura – comprendente sostanze vegetali e animali -, dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, comprese la pesca e l’acquacoltura, gli sfalci e le potature provenienti dal verde pubblico e privato, nonché́ la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani”.
Elementi come legna – a patto che sia priva di composti alogenati organici o metalli pesanti -, oli vegetali, residui agricoli o urbani (riportati nel dettaglio in un report del 2010 dell’ISPRA dal titolo “Studio sull’utilizzo di biomasse combustibili e biomasse rifiuto per la produzione di energia”), possono essere sottoposti a processi di preparazione come biocarburanti e, di conseguenza, convertiti in bioenergia.
Classificazione
A seconda della derivazione si possono ottenere infatti diverse tipologie di biocombustibili:
• solidi: come legna da ardere e carbone, ampiamente utilizzati in ambito domestico, oppure materiale fibroso ottenuto dalla lavorazione di canna da zucchero per generare vapore ed elettricità;
• gassosi: da fermentazione di rifiuti di animali domestici e dalla decomposizione chimica o gassificazione degli scarti agricoli;
• liquidi: da oli vegetali, di semi e animali da cui deriva, ad esempio, il biodiesel.
Come riportato nell’Asian Journal of Chemistry (An Overview on Biofuels and Their Advantages and Disadvantages, Vol. 31, N. 8, 2019, pag. 1851 – 1858, https://doi.org/10.14233/ajchem.2019.22098) oltre alla classificazione per derivazione, i biocarburanti vengono distinti tra loro anche per generazione.
Questa etichetta viene generalmente utilizzata per distinguere i biocombustibili in base alla loro applicazione: appartengono alla prima generazione quelli impiegati nella produzione di calore, elettricità o per la cottura a livello domestico; alla seconda, invece, quelli utilizzati nei trasporti e per scopi industriali.
Esiste poi una terza generazione in via di sviluppo, che dovrebbe integrarsi con la seconda, composta dai biocarburanti ottenuti dalle alghe, in modo tale da non sottrarre terreno agricolo alla produzione alimentare.
Vantaggi
I biocombustibili della prima generazione permetterebbero all’agricoltura di diventare un settore multifunzionale, in cui l’attività non verrebbe concentrata soltanto sulla produzione alimentare ma anche sull’approvvigionamento energetico, con conseguente aumento dei profitti per il comparto.
Per quanto riguarda i biocarburanti di seconda generazione, a giovarne maggiormente sarebbe l’ambiente, con un abbassamento del gas a effetto serra e inquinamento atmosferico rispetto a quelli prodotti dai combustibili fossili.
Inoltre, non derivando da colture alimentari, verrebbero richiesti meno appezzamenti di terra, riducendo la concorrenza con altri campi agricoli.
Limiti
Come da analisi riportata nel numero dell’Asian Journal of Chemistry precedentemente citato, queste fonti rinnovabili non presentano solo vantaggi, ma anche limiti che è bene conoscere per un utilizzo più consapevole.
La carenza di risorse energetiche fossili rispetto al consumo della popolazione renderà sempre più necessario l’impiego di biocarburanti come energia sostitutiva.
Di conseguenza, ci sarà un aumento esponenziale della domanda di produzione di biocombustibili che, a sua volta, comporterà un costo elevato sia per l’agricoltura, sia per i prodotti agricoli.
Essendo ancora in fase di sviluppo e studio, questa tipologia di fonte energetica presenta costi elevati: la prima generazione richiede grandi quantità di terreno da coltivare e genera un impatto negativo con la biodiversità, con competizione per l’acqua in alcune regioni.
Mentre la seconda generazione di biocarburanti non è ancora prodotta su scala commerciale a causa della mancanza di sistemi di raccolta, stoccaggio e trasporti adeguati alla lavorazione e alla distribuzione della biomassa su larga scala.
Si tratterebbe di rinnovare completamente l’attuale modello di business e commercio di materie prime, rendendo necessarie delle garanzie da parte delle istituzioni per l’industria e i fornitori.
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